Effetti della stimolazione con ortesi plantare neuro-sensoriale sul piede piatto infantile

dott. M. Ambrosone*, dott. L.P. Spreafico**, dott. S. Orzes***

* Unità Operativa di Ortopedia - Casa di Cura San Carlo di Milano - Istituto Auxologico Italiano IRCCS

** Clinica Ortopedica Università degli Studi di Milano Bicocca - Ospedale San Gerardo di Monza

*** Unità Operativa di Medicina Fisica e Riabilitativa - A.O. ULSS n° 2 di Feltre (BL)


Il motivo per il quale non si riescono ancora a trattare con successo le patologie croniche del piede è perché evidentemente non se ne è ancora pienamente compreso il meccanismo eziopatogenetico. Nonostante ci siano stati molteplici studi clinici sul trattamento del piede piatto valgo del bambino, con l’ausilio di terapie conservative, il trattamento preferenziale rimane ancora l’intervento chirurgico correttivo da eseguire in età compresa tra i 10 e i 12 anni. Sebbene a nostra conoscenza non ci siano studi che valutino l’efficacia clinica della stimolazione plantare neuro-sensoriale, la letteratura si è abbondantemente spesa nella descrizione dell’eziopatogenesi sostenendo la lassità capsulo legamentosa e la lassità muscolare come causa primaria dell’alterazione morfogenica del piede e si è prodigata
nell’utilizzo di plantari di sostegno come opzione terapeutica nel trattamento del piede piatto valgo. Sono molti gli autori che hanno parlato di stimolazione plantare sostenendo che la superficie del piede va trattata tramite stimolazioni sensoriali. Tra gli autori che hanno fatto della stimolazione plantare parte integrante del loro approccio terapeutico c’è Vojta che descrive i punti grilletto come punti cutanei che se stimolati determinano una reazione clinica di tipo muscolare. Tra i vari punti grilletto Vojta ne descrive alcuni sulla pianta del piede che se stimolati determinano una triplice reazione fl essoria. Anche Lewit nel suo libro “terapia manipolativa nella riabilitazione dell’apparato locomotore” parla di “strokling” come terapia fatta di piccoli colpetti e strofinamenti della cute plantare per attivare il tono degli arti inferiori. Un altro autore è Ida Rolf che nel suo libro “Il rolfing” spiega che dei dieci trattamenti il primo deve essere fatto attraverso una stimolazione plantare finalizzata all’attivazione dell’intero tono posturale. A questi vanno aggiunti autori francesi ed italiani, Bricot, Gagey, Villeneuve, Budriol, che sposano quella corrente di pensiero che va sotto il nome di posturologia, che sostiene che la stimolazione sensoriale del piede mediante impulsi di tipo proprioesterocettivo ha una funzione terapeutica, talvolta eziologica nei confronti della patologia degenerativa del piede. Il primo studio pubblicato sull’attività riflessa del piede è stato condotto da ricercatori francesi e pubblicato su Neuroscienze nel 1988 . Questi autori hanno misurato la latenza del rifl esso H in pazienti volontari. Dimostrano che i normali tempi di latenza venivano abbattuti se contemporaneamente si stimolava tattilmente la superficie plantare. Questo studio metteva in evidenza una relazione tra attività recettoriale cutanea plantare e rifl essi H, nella quale l’afferenza tattile podalica ha capacità di sopprimere il riflesso periferico. Altri autori, in seguito alla pubblicazione di questo studio, hanno voluto vedere se anche le risposte riflesse del tibiale anteriore erano soppresse o rallentate dalla stimolazione tattile cutanea. Anche questi autori confermano che i tempi di latenza della risposta del nervo tibiale ad un impulso elettrico, sono abbattuti dalla contemporanea stimolazione plantare. Gli autori dimostrano che i recettori plantari hanno funzione inibitoria nei confronti dei riflessi fasici dell’arto inferiore e che il riflesso risulta stabilizzato con il piede appoggiato per terra. Questo studi dimostrano che la stimolazione plantare stabilizza il riflesso fasico tibiale. Per valutare se erano solo i recettori plantari ad avere funzione modulatoria o se anche altri recettori erano coinvolti, viene pubblicato su Journal o Neurophisiology un lavoro nel quale i pazienti volontari asintomatici sono sottoposti a impulsi vibratori tra i 20 e gli 80 Hz. Somministrando l’impulso ai tendini del tibiale anteriore e del tendine del peroniero breve, oppure somministrando l’impulso vibratorio sulla cute plantare podalica. Misurando l’angolo di caviglia lo spostamento del centro di gravità, il tilt corporeo l’attività EMG di tibiale e soleo, , gli autori concludono dicendo che anche l’afferenza sensoriale vibratoria induce modificazioni nei parametri investigati in entrambe i casi, ma che a parità di stimolo la superficie cutanea plantare ha risposte molto più nette e marcate se paragonate alle afferenze sensoriali tendinee. In un altro studio pubblicato, i ricercatori dimostrano l’importanza dei recettori cutanei plantari mediante un esperimento tanto semplice quanto efficace. Lo studio consisteva di valutare tramite gait analisi il passo di un soggetto asintomatico, prima e dopo avere anestetizzato con del ghiaccio alcune zone della pianta del piede. Gli autori dimostrando la modificazione dei parametri investigati all’esame del passo dimostrano che la superficie sensoriale plantare è importante per passo e postura. Allo stesso modo altri autori anestetizzano mediante compressione ischemica da laccio al livello della caviglia pazienti asintomatici e ne registrano una modificazione posturale a carico dei muscoli dell’anca. In un altro studio sempre con gait analisis si valutano un gruppo di pazienti asintomatici mentre camminano a piedi scalzi su una superficie liscia o accidentata. L’analisi strumentale dimostra che la stimolazione recettoriale podalica da parte della stimolazione cutanea plantare induce una maggiore flessione di angoli di caviglia, ginocchio ed anca e che questo riflesso è da considerarsi protettivo. Sappiamo che il sistema posturale gioca un ruolo importante nella patogenesi della lombalgia. sembra quindi che ci sia sufficiente evidenza scientifica per poter ipotizzare che la stimolazione continuata del piede tramite ortesi propriocettiva possa avere effetti terapeutici nel trattamento della lombalgia cronica non specifica.


Carichi sulle strutture ossee nei sistemi viventi

"[…] ogni volta che un osso è messo in posizione abituale anormale, la sua crescita diventa anormale e tende a deformarlo […] e quindi […] pressioni costanti e sproporzionate rallentano la crescita dell' osso stesso […]" Apparentemente in contrasto Roux affermò che: "[…] ogni aumento di forza pressoria costituisce una stimolazione per la formazione di nuovo tessuto osseo, mentre la diminuzione della forza applicata causa un esaurimento della produzione di tessuto osseo […]". Quest'ultima affermazione trova un completamento in Arnolt-Schulze che espresse la propria legge come segue: "le ossa, come tutti i tessuti, se sottoposte a sollecitazione rispondono nel seguente modo […] i deboli eccitamenti danno origine all'attività vitale, eccitamenti medi la stimolano, quelli forti la danneggiano, quelli violenti l'arrestano […]" trovando accordo con quanto affermava Delpech. Un approfondimento ulteriore provenne da Wolff che postulò il suo principio affermando: "Data la forma di un osso, gli elementi ossei si dispongono o si spostano secondo la direzione delle forze ed aumentano o diminuiscono la loro massa proporzionalmente a tali forze". Da ciò si deduce che la densità dell'osso corticale è uguale quando la pressione è identica; un'eccessiva pressione crea un addensamento trabecolare e corticale maggiore lì dove essa si esercita, in dipendenza della quale l'osso vivente risponde e si rimodella secondo le sollecitazioni di pressione e reazione a cui è sottoposto".
 
“L’accrescimento corporeo e accrescimento scheletrico non procedono di pari passo, per cui la velocità maturativa dei due parametri è diversa. Questo concetto sta alla base della cosiddetta legge della disarmonia staturo-ponderale (Stratz1903) secondo la quale si hanno alternativamente periodi in cui la velocità staturale è maggiore di quella ponderale e periodi in cui si ha il processo opposto. Significato analogo, ma limitato al periodo puberale, ha la Legge di Godin che afferma: 1) l’accrescimento corporeo è prevalentemente staturale nei due semestri che precedono la pubertà, prevalentemente ponderale nei semestri successivi; 2) l’accrescimento staturale è dovuto prevalentemente ad un allungamento degli A.I. in età prepubere, mentre nel periodo successivo è dovuto all’allungamento del tronco. 3) Un segmento osseo che proporzionatamente cresce più della statura,ritarda nel periodo post pubere e viceversa. 4) L’accrescimento scheletrico prevale nel periodo pre-pubere, quello muscolare nel periodo postpubere. D’altra parte è constatazione generale che l’accrescimento delle ossa lunghe procede in senso opposto nei diversi segmenti: in un semestre si ha l’allungamento di un segmento (coscia) cui segue l’ingrossamento nel semestre successivo mentre l’altro segmento (gamba) cresce in tempi sfalsati rispetto al primo; ne deriva una “disarmonia” di crescita temporanea,ma lo sviluppo finale in definitiva è armonico.”
 
Da “Le malattie dello scheletro in età evolutiva “– G. Canepa V.Pietrogrande
 
E’ con queste leggi che è possibile sostenere l’esistenza delle asimmetria d’accrescimento e non con quelle dell’alternanza delle ossa lunghe (6 mesi a dx , 6 mesi a sx) riportate solo da alcuni siti o riviste di chinesiologia che se vere implicherebbero ormoni della crescita ad azione unilaterale alternata.

 Heuter per primo postulò che una pressione ridotta a livello di disco epifisario potrebbe stimolarne la crescita. Sperimentazioni sono state effettuate su animali da laboratorio e alcuni lavori esistono sull’uomo, ai fini di dimostrare una crescita dell’osso attraverso tecniche di distrazione. Alcuni Autori hanno ottenuto allungamento osseo, attraverso tecniche di distrazione, dovuto a frattura a livello fiseale; pare che attraverso questa tecnica si ottenga un allungamento dell’osso solo in un primo momento e che poi subentri una chiusura prematura della fisi annullando quindi l’effetto positivo di allungamento ottenuto inizialmente. Si è giunti, dunque, alla conclusione che questo tipo di intervento sia fattibile solo in soggetti vicini alla fine dell’accrescimento. De Bastiani ha riportato l’uso di condrodiastasi che consiste nella distrazione della fisi senza arrivare a frattura della stessa; è stato dimostrato come nel coniglio una forza di 2 Kg causi epifisiolisi, mentre stesso risultato non si ottiene applicando forze inferiori. Condrodiastasi può essere ottenuta anche attraverso applicazione di una forza di distrazione ridotta ma costante. De Bastiani fu in grado di ottenere un aumento della lunghezza della gamba del 36% con scarse complicazioni e in nessun caso arresti di crescita prematuri a livello di fisi di accrescimento. Fjeld e Steen, invece, dimostrarono che nei capretti la crescita si arrestava completamente una volta terminata l’applicazione delle forze di distrazione, concludendo che anche la condrodiastasi procuri danno alla fisi; anche questo metodo secondo loro è applicabile solo verso la fine dello sviluppo osseo, quando il danno fiseale ha minore rilevanza. Il comportamento del periostio nell’influenzare la crescita ossea è invece importante per comprendere la funzione della pratica chirurgica (periostiotomia e tecniche di fissazione)


Recente riferimento alla “coxa pedis”

La “coxa pedis” corrisponde alla “articulatio talo-calcaneo-navicularis”. Strutturata come enartrosi, si definisce in essa un’epifisi rappresentata dalla testa e dal collo dell’astragalo ed un cotile strutturato quale cavità osteo-fibro-cartilaginea alla cui costituzione concorrono, come elementi scheletrici, la superficie articolare posteriore dello scafoide e le superfici articolari della piccola (sustentaculum tali) e della grande apofisi del calcagno a costituire la sottoastragalica anteriore; talora tra loro suddivise da un solco, più spesso in unica formazione articolare come hanno documentato le ricerche di De Palma, Coletti, Santucci e Tulli.
La zona articolare compresa tra lo scafoide, il sustentaculum tali e la grande apofisi del calcagno è completata da una fibro-cartilagine glenoidea rinforzata plantarmente dal legamento calcaneo-scafoideo plantare che, originato alla base e sul contorno anteromediale del sustentaculum tali, si inserisce distalmente al tubercolo ed al margine inferoposteriore dello scafoide. Esso corrisponde al fondo del cotile pedis e sottende una vera glenoide, a rivestimento cartilagineo, in rapporto articolare col versante inferomediale della testa dell’astragalo compreso tra i versanti scafoideo e calcaneale.
La presenza in esso inoltre, di corpuscoli propriocettivi nel legamento calcaneo-scafoideo plantare fa pensare ad una funzione anche recettoriale, cibernetica, del cotile pedis.
In fasi embrionali precoci (16ª-17ª settimana) le articolazioni astragalo-scafoidea e sottoastragalica anteriore sono differenziate in una unica struttura articolare a caratteristiche morfologiche di enartrosi.
Con significato più ampio “coxa pedis” vuol definire il particolare significato funzionale di una struttura che per dati anatomici, evolutivi e clinici può essere analogicamente comparata all’articolazione coxo-femorale: con la quale, e con il ginocchio, si integra funzionalmente nella più complessa struttura rappresentata dall’arto inferiore.
La differenziazione enartrosica prossimale e distale all’arto inferiore, con l’interposto giunto rappresentato dal ginocchio, è presupposto biomeccanico ai meccanismi rotatori (piano ortogonale agli assi segmentari dell’arto) indispensabili ad avviare la stabilizzazione dell’arto stesso in fase portante (catena cinetica chiusa); inoltre alla successione dei meccanismi intercorrenti nel piano frontale (traslazione laterale del carico in avvio di fase portante) e nel piano sagittale (fase oscillante).
Particolare riferimento viene fatto alla glenopatia degenerativa ed alla sindrome da destabilizzazione peritalare.